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La Cina vuole capire quanta crescita si può permettere. Per capirlo ha bisogno di sapere quali effetti potrebbe avere un’esplosione della sua bolla immobiliare, e per avere queste informazioni ha avviato gli stress test su tutto quanto si possa collegare al mattone: le banche finanziatrici, le compagnie immobiliare, l’industria del cemento, quella dell’acciaio.
La bolla immobiliare che Pechino ha lasciato gonfiare negli anni passati – con i prezzi delle case cresciuti del 75% del 2009 – si è fermata a giugno con il primo calo del valore mattone.
Una contrazione mensile dello 0,1%, seguita da una variazione nulla a luglio. Poca cosa rispetto al -15 o -20% a cui punta il governo. Quel calo è particolarmente deludente perché fermare la bolla immobiliare, senza farla esplodere con troppa violenza, è un’operazione che la Cina sta pagando duramente in termini di crescita del Pil.
È da aprile infatti che la China Banking Regulatory Commission ha avviato le politiche di stretta monetaria utili a fermare la corsa dei prezzi: sono stati inaspriti i criteri con cui le banche possono concedere i finanziamenti, ostacolati i mutui troppo generosi fermati i cittadini che puntavano a comprarsi più case.
L’ultima stretta risale al 10 agosto: le banche saranno obbligate, dal 2011, a iscrivere nel proprio bilancio anche i prestiti concessi tramite le proprie fiduciarie, finanziamenti che, fino a quest’anno, restavano fuori dai libri contabili.
Articolo visto su l’avvenire.it
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